Firenze (mercoledì, 9 aprile 2025) — Il 15 e 16 aprile, ore 21, il palcoscenico del Teatro di Rifredi accoglie Tindaro Granata con “Vorrei una voce”, uno spettacolo intenso e profondo che nasce dall’incontro tra teatro, memoria e desiderio di rinascita.
di Arianna Furleo
Uno spettacolo, una voce, un sogno. “Vorrei una voce” non è solo il titolo del monologo scritto e interpretato da Tindaro Granata, ma è anche un grido silenzioso che arriva da dietro le sbarre, un canto di libertà che prende forma grazie alle canzoni di Mina. In scena il 15 e 16 aprile al Teatro di Rifredi, l’opera racconta un’esperienza unica: l’incontro tra l’attore e autore siciliano e le detenute del reparto di alta sicurezza della Casa Circondariale di Messina, avvenuto nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare, ideato da Daniela Ursino per D’aRteventi.
Granata, con sensibilità e rispetto, dà corpo a quelle voci che spesso restano inascoltate, offrendo uno spazio di libertà interiore in un contesto che, per sua natura, tende ad annullarla. Lo fa attraverso il playback delle canzoni dell’ultimo concerto di Mina alla Bussola nel 1978, un patrimonio musicale che diventa linguaggio emotivo universale, capace di rievocare ricordi, emozioni, identità dimenticate.
Il progetto nasce da una crisi personale, come racconta Granata stesso: “Avevo smesso di sognare, non provavo più gioia, né per il mio lavoro né per la vita. Poi, l’incontro con le detenute: mi sono riconosciuto in loro. Eravamo tutti prigionieri, anche se in modi diversi.” Da questo riconoscimento nasce l’idea di rivivere, insieme, una parte di sé attraverso la musica e il teatro, riscoprendo il valore della femminilità, della voce, della memoria.
“Vorrei una voce” è un atto unico di 1h e 20 minuti, in cui Granata porta in scena non le detenute, ma ciò che ha raccolto nei loro occhi, nei gesti, nelle lacrime e nei sorrisi. Un lavoro di grande delicatezza che, pur essendo personale, riesce a farsi universale: parla di dolore, rinascita e del bisogno umano di sentirsi liberi, dentro e fuori.
La produzione è firmata da LAC Lugano Arte e Cultura in collaborazione con Proxima Res. Le luci sono di Luigi Biondi, i costumi di Aurora Damanti.
Per chi ha smesso di sognare, per chi cerca la propria voce: “Vorrei una voce” è uno spettacolo che non si guarda soltanto. Si ascolta con il cuore.
Last modified: Aprile 9, 2025